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* A LA SURDA, A LA MUTA.

(Fare una cosa cercando di non farsi notare. In altri comuni si dice anche "a taci maci".)



* FARI 'NA MALA VUTATA.

(Fare uno sgarbo o rimproverare in maniera energica).



* FARI 'NA MALA CUMPARSA.

(Fare una brutta figura).



* TUTTU BONU E BINIDITTU.

(È un modo molto comune di accettare una perdita o una situazione spiacevole, dimostrando rassegnazione, anziché rabbia) .



* FARI 'NA CAZZICATUMMULA.

(Cadere rovinosamente. Fare un capitombolo).



* CHIANTARI CHIOVA A QUALCUNU.

(Parlar male di qualcuno per danneggiarlo).



* SCATTIARI UN CINQUANTACINCU.

(Dare un improvviso e pesante doppio ceffone, prima con il palmo, e di ritorno con il dorso della mano. Il detto ha origine dalle dita della mano, che usata due volte, è come se si ottenesse un doppio cinque. Altra probabile spiegazione proviene dal gioco a carte chiamato appunto "A cinquantacinque", il cui massimo punteggio si ottiene, quando si hanno in mano le seguenti tre carte dello stesso seme: un Asso che vale 16, un Sette che vale 21 e un 6 che vale 18, in totale appunto 55, che determinano una quasi sicura vincita).



* AVIRI LU CORI QUANTU 'NA PASSULIDDA.

(Farsi il cuore piccolo piccolo. Essere intimiditi o impauriti. Trae origine dal chicco d'uva, che dopo l’essiccazione per ottenere l'uva sultanina, o uva passa, si restringe notevolmente).



* IRI 'NTA LU CANNAROZZU FAZU.

(Andare di traverso nella gola, quando una pietanza, involontariamente va nella trachea anziché nell'esofago. In questi casi, viene provocata una tosse continua e fastidiosa.



* QUANNU LU TÒ DIAVULU IVA A LA SCOLA, LU ME ERA DUTTURI.

(Il detto è molto caro ai sapientoni immodesti. Piace molto alle persone anziane, che spesso si prestano a dare consigli ai più giovani, vantandosi delle loro esperienze di vita).



* FARISI L’ACCODDU.

(Farsi una cospicua scorta di qualcosa, per eventuali necessità future).



* CI PÒ SCRUCIARI.

(Ci puoi rinunciare).



* SCHIFIARI LI TAVULI E LI TRISPA.

(Rinunciare a qualcosa o abbandonare qualche iniziativa).



* SCACAGNARISILLA.

(Salvarsi per puro caso, farsela franca. Si dice anche: “Farisilla petri petri”).



* SPRUCCHIARI LI FIGLI

(Allevare i figli) .



* CUCCHIUNI DI PANI

(Pezzo di pane indurito).

* PARIRI 'NA MULA PARATA.

(Nei tempi passati, voleva significare che, una donna si era truccata e adornata di gioielli, in maniera esagerata. Spesso, il detto aveva tutto il sapore di una grave offesa, in quanto, tale "vanità", oggi bene accettata, anticamente veniva interpretata come segno di bassi costumi e di dubbia moralità).



* PUNCIRI LU SCECU 'NTRA MUNTATA.

(Punzecchiare l'asino in salita è come costringere qualcuno a fare qualcosa controvoglia ).



* UNN'AVIRI TEMPU PI GRATTARISI LA TESTA.

(Essere troppo impegnati nel far qualcosa e non trovare un minimo di tempo per dedicarsi ad altre cose).



* FARISI DARI TRI PUNTI 'NCULU PI UN SORDU.

(Il detto si addice a persone molto avide di danaro che, anche per ottenere un misero guadagno, sono pronte a tutto).



* APPIZZARICI LU CORIU.

(Rimetterci la pelle o fallire miseramente in qualche impresa. Trae origine dall'antico mestiere del calzolaio, oggi quasi scomparso, in quanto nel tagliare, col trincetto, non doveva commettere errori, per non rischiare di rimetterci il cuoio).



* ESSIRI COMU L'OVU, CA CCHIÙ COCI , CCHIÙ DURU SI FA.

(Essere considerati duri di comprendonio o testoni che non imparano mai).



* TALIARI A SICCU A SICCU.

(Osservare con insistenza ostinata, tale da dare fastidio).
* IRI CIRCANNU RADICI PI RUTTARI.

(Far sempre le cose difficili, immischiarsi o creare complicazioni in faccende altrui).



* MALU CORI, MALU CORI, IU SPINNU E TU MORI.

(Era una frase usata dai bambini negli anni del dopoguerra, tra il ’40 e il ‘50, quando vedevano un compagno di giochi che mangiava qualcosa, senza che ne offrisse un pò).



* FARI COSI TURCHI.

(Fare cose senza senso o tenere comportamenti strani).



* ESSIRI LESTI DI PEDI E DI MANI.

(Essere abili e intraprendenti, mostrare sicurezza nell’affrontare i problemi. Si può anche riferire a persone che hanno le mani in pasta in losche operazioni, approfittando di un potere).



* AVIRI L’OCCHI ‘NNARRÈ LU COZZU.

(Non accorgersi di cose molto evidenti).



* TUTTI LI MISSI ALL’ARTARU MAGGIURI.

(Le migliori cose o i favori vanno sempre a chi già sta bene, dimenticando le legittime aspettative dei più bisognosi).



* SAPIRISI QUARTIARI.

(Sapersi destreggiare in qualsiasi situazione. È come farsi in quattro, per riuscire a risolvere un problema).



* SATARI DI LA SEGGIA.

(Sobbalzare con stupore e meraviglia per una notizia improvvisa).



* FARISI LA FACCI PIZZA PIZZA.

(Vergognarsi per qualche sonoro rimprovero. Il detto può essere anche interpretato nella maniera opposta se, chi viene rimproverato, mostra indifferenza e non se la prende affatto).



* SENZA NÈ SCÙ, NÈ PORCU, NÈ PASSA DDÀ !

(Non è facile trovare una traduzione letteraria a questo detto popolare conosciuto a Ribera. La frase si pronuncia nei riguardi di persone che mostrano assoluta indifferenza o evitano di salutare. Indica anche, mancanza di rispetto e considerazione verso gli altri).



* ESSIRI CCHIÙ GAGHIRI DI LA CARACITULA

.(Essere acidi, scontrosi, di cattivo umore. La “caracitula”, nel dialetto riberese è

“l’acetosella”, un’erba spontanea, dal sapore acidulo, con lungo stelo e fiori gialli che, per tutto l’inverno e fino a primavera inoltrata ricopre interi campi in Sicilia).



* OGNI MALAFIGURA, UN SORDU.

(Non dare alcun peso ad una figuraccia).



* IRISINNI SCIÙ CCÀ, SCIÙ DDÀ.

(Andare in giro senza una precisa meta. Proviene dal modo di governare le galline, che vengono allontanate al grido di “sciù ccà” ).



* CALARISI LI CAZI.

(Letteralmente vuol dire abbassarsi i pantaloni, ma nel gergo dialettale e equivale a sottomettersi a qualcuno o intimidirsi di fronte alla prepotenza).



* ESSIRI TUTTU VUCCA.

(Essere un chiacchierone, capace solo di parlare senza concludere nulla di buono).



* DARISI LU ZAPPUNI ‘NTA LI PEDI.

(Danneggiarsi con le proprie mani. Equivale a fare un lavoro senza il dovuto buonsenso e senza le necessarie cautele).



* ZITTU TU E ZITTU IU.

(Di nascosto, con discrezione, all’insaputa di altri).



* SCIRUPPARI A QUALCUNU.

(Approfittare di qualche ingenuo, o di chi non sa dire di no, per spillargli denaro o altre cose).



* ESSIRI UN PEPPI 'NNAPPA.

(Essere un buontempone. Trae origine dalla maschera di Peppe 'Nnappa, che durante le feste del Carnevale, rappresenta un personaggio allegro e simpatico, il cui solo scopo é quello di far divertire. Al Carnevale di Sciacca, considerato uno dei migliori della Sicilia, é sempre presente un carro allegorico che rappresenta "lu Peppi
* AVIRI SETTI SPIRDI COMU LI GATTI.

(Avere sette spiriti come i gatti. Nella tradizione popolare riberese, specie nel mondo fanciullesco é uso credere, che i gatti possiedano sette vite e sono duri a morire. È credenza diffusa, che far del male ad un gatto può significare "avere disgrazie" per sette anni. Il detto, comunque, si addice a quelle persone, molto intraprendenti e piene di risorse, che non si arrendono di fronte a nessun ostacolo e sono sempre in grado di cavarsela. Vale anche per chi vive sempre in ottima salute o per chi esce indenne da vari incidenti).



* A PRIMA VITI 'NZOLIA.

(La "nzolia" o "trebbiana" é una varietà di uva da vino molto pregiata, diffusa a Ribera e in molte parti della Sicilia. Il detto si presta per tutte le iniziative che hanno successo subito. o al primo tentativo).



* PIGLIARI DI SUTTA E METTIRI 'NCAPU.

(Ritornare sempre sulle cose passate, o riprendere vecchi discorsi).



* SI ICARU VIRTICCHIU E NOFRIU.

("Virticchiu e Nofriu" sono due simpatici personaggi che appartengono all'Opera dei Pupi e al Teatro delle Marionette e la loro caratteristica é quella di combinarne sempre di tutti i colori. Con le loro trovate comiche hanno divertito grandi e bambini. Tale frase si riferisce a due amici, spesso malvisti, che hanno gli stessi interessi e che vanno sempre d'accordo).



* SI ICARU TRI DI LA MAIDDA: GASPARU, MINZIONI E PANZAMODDA.

(Si pronuncia questo detto popolare, per contestare una unione, molto discutibile, avente come fine, interessi comuni, non proprio condivisibili. Il detto proviene dalla parola siciliana "maidda", che è un recipiente in legno su quattro piedi, dentro cui veniva impastato il pane).



* ROSA LA PATOSA, FIMMINA DI CASA, VENI TÒ MARITU, TI PIZZICA E TI VASA.

(È una frase utilizzata esclusivamente nel mondo fanciullesco, quando si vuole deridere o infastidire una ragazzina, che si chiama appunto Rosa).



* DARISI A LA RUTTA.

(Più precisamente si dovrebbe dire "darisi a la grutta", cioè, prendere la cattiva strada, darsi alla macchia o trasgredire ad ogni regola di buon comportamento. Il detto trae origine dal fenomeno del banditismo che imperversava in Sicilia negli anni subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando i banditi si rifugiavano nelle grotte. Si può anche dire "straviari" o "pigliari la mala strata").



* LU MEGLIU MEDICU È L'ALITALIA.

(Detto popolare in uso a Ribera agli inizi degli anni ''60 quando la gente ha cominciato a servirsi dell'aereo per le proprie necessità. Per seri problemi di salute, senza nulla voler togliere alle strutture sanitarie locali, molte persone ricorrono volentieri all'Alitalia, cioè all'aereo, per andare a curarsi nelle migliori cliniche del Nord Italia o in altri Stati europei , se non addirittura oltre oceano).



* STIDDA CA MI CURRI.

(Significa “Sfortuna che mi perseguita”. Si attribuisce ad una cattiva stella l’insuccesso in qualche iniziativa).



* L’ERBA TINTA UN MORI MÀ.

(L’erba cattiva non muore mai. Si usa riferire la frase a qualcuno malvisto, che tiene comportamenti scorretti nella società, almeno fino a quando è in vita).



* JANNI UNN’ERA NATU E COLA SI CHIAMAVA.

(È come vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Il detto è un consiglio a ragionare e riflettere bene prima di fare premonizioni o anticipare risultati di azioni che devono ancora essere intraprese).



* VIVA LA SANTA STRAULA !

(È un’esclamazione che viene pronunciata di getto, in varie situazioni, sia positive che negative che suscitano meraviglia, consenso o disapprovazione. Proviene dal grido che qualche fedele usa fare durante il giro del paese della tradizionale “Straùla” riberese, durante i festeggiamenti di San Giuseppe.

* SCECCU PANTISCU.

(Asino pantesco, cioè di Pantelleria. Ha lo stesso significato offensivo di "sceccu di Pantiddaria" Gli abitanti di questa meravigliosa isola del Mare Mediterraneo, in provincia di Trapani, sono chiamati "panteschi" e così anche gli animali che in essa vivono. Il detto viene usato per dare del somaro ad una persona, ma francamente, non si capisce perché i simpatici asinelli di Pantelleria, debbano essere considerati più asini di tutti gli altri asini).



* CHI TI MANCIASSIRU LI CANI DI PIRANIU.

(Frase usata tanti anni fa, per lo più dalle mamme verso i figli discoli e disubbidienti, per rimproverarli di qualche loro marachella. Trae origine da una famiglia molto nota a Ribera negli anni '50, appunto la famiglia Piraneo, che possedeva cani, che alla sola vista incutevano terrore).



* FARI TRIMARI LU PUDDUZZUNI.

(Incutere timore, fare impaurire. "Lu pudduzzuni", deriva da "puddu" (pollo) ed è un insetto che si attacca ai polli).



* ESSIRI COMU LU PITRUSINU, CA TRASI UNNI DE GGHÈ.

(Trovarsi dappertutto, essere presente nei luoghi più disparati. È un modo di dire molto diffuso e si adopera per definire una persona, molto eclettica, che ha interessi per tante cose. Trae la propria origine dal prezzemolo, che nella gastronomia siciliana risulta essere un ingrediente molto usato, come anche. in medicina ed in erboristeria ed è apprezzato per le sue molteplici proprietà. Attenzione però, a non farne abusi quando viene cotto, in quanto è stato accertato da eminenti studiosi, che in tale eventualità il delizioso "pitrusinu" si può rivelare molto tossico).



* FARI LA PER DÙ, COMU LU PUMETTU RAMITU.

(Contare di più, valere più degli altri. Quando i bambini, in tempi passati, si giocavano i bottoni dei vestiti, un valore doppio veniva assegnato al cosiddetto "pumettu ramitu", un bottone solitamente in rame, o latta, costituito da due dischetti collegati tra di loro attraverso i bordi. A volte, tale bottone, con un leggero colpo di pietra veniva diviso in due e da quì è nata l'usanza di considerarlo più prezioso degli altri).



* IRI A TUCCARI LU CULU A LA CICALA.

(È come dire "'Ncuitari lu cani chi dormi". Vuol dire disturbare, o stuzzicare qualcuno per provocarlo).



* TRENTA E DÙ VINTOTTU.

(Sembrerebbe che in questo simpatico detto, i conti non tornino, ma il vero significato indica una sottrazione e non un'addizione. Si riferisce a persone che, anche economicamente, hanno fatto già molto, per la riuscita di una loro iniziativa e quando, ad un certo punto, sono costrette ad impegnare ancora qualcosa, usano pronunciare tale frase, come per voler dire: "Di 30 possibilità rimaste, ne impegno ancora 2 e quindi me ne rimangono 28”).



* PERDIRI L'AMICU E LU PARRUCCIANU.

(Perdere l'amico e il parrocchiano, o meglio il cliente).



* SAPIRI UNNI DORMI LU LEBBIRU.

(Sapere dove dorme la lepre significa essere sereni e tranquilli. Mostrarsi sicuri di ciò che si fa).



* CIRCARI RADICI PI RUTTARI.

(Cercare sempre scuse, provocare liti e polemiche inutili).



* MA CHI VENI A ‘NTOMA !

(Ma cosa viene a fare ! Frase riferita persone che fanno qualche visita non gradita).



* PAGARINI MEZZU LITRU.

(Fregarsene di qualunque cosa succeda. Prendersela con...filosofia se qualcuno si sente offeso).



* METTIRI ZIZZANIA.

(La "zizzania" o loglio è una pianta della famiglia delle graminacee, considerata un ottimo foraggio per l'alimentazione di animali e che, dopo essere stata brucata, ha la facoltà di ricrescere con molta rapidità. Purtroppo, una delle sue varietà, detta "lolium temulentum", risulta essere velenosa e spesso è causa di contaminazione per le altre varietà commestibili. Da ciò è nata la credenza che tale pianta, sia simbolo di discordia e quindi, "mettiri zizzania" è il contrario di "mettiri paci").



* CIRCARI LU PILU 'NTALL'OVU.

(Essere molto pignoli, dando importanza a fatti irrisori o individuare difetti di poco conto).



* DARI 'NA CARCAGNATA.

(Dare un calcio con il calcagno).



* ESSIRI 'NA TAPPA DI LASAGNA.

(La "tappa" nel dialetto siciliano corrisponde ad una macchia della pelle e quindi ad un piccolo difetto. Una "tappa" sulle lasagne fatte in casa dalle antiche massaie, poteva significare che l'impasto non era del tutto omogeneo e puro. La frase rivolta ad una persona, serve a qualificarla come ottusa, inetta, stupida).



* NUN PUTIRISI STICCHIAPPARI.

(Non poter mai finire un lavoro a causa di continui inconvenienti).



* IRI A SPUCIARI CANI.

(Frase scherzosa, per dire a qualcuno di andare a perdere il suo tempo altrove).



* DARI UNA COSA CU LU CHICHITI.

(Dare più di ciò che spetta. Il detto trae origine dalla parola siciliana "chica" che è una stoffa, o una tela piegata in due e quindi doppia. Ha molta similitudine con il detto "dari cu lu parmu e la 'gnutticatura").



* ESSIRI FURGARIDDUSU.

(Essere precipitoso o irruento, che non riflette prima di agire.

Proviene da "furgaru", "furgareddu" o "furgaloru", nomi dati al proiettile di una antica arma da fuoco chiamata archibuso (archibugio), adoperata nel 16° Secolo. Tale arma, che si caricava ad ogni colpo, provocava un botto ed una fiammata molto violenti).



* FARISI BICHIARI.

(Farsi sconfiggere, o farsi imbrogliare).



* ARIOPPI E CASCI 'NCODDU.

(E' molto simile alla frase "agneddu e sucu e finì 'u vattiu", come per dire che tutto è finito. L'esclamazione "arioppi" é probabilmente, una storpiatura di qualche parola straniera).



* 'NN'ACCUNTINTAMU DI PANI E CARDEDDA, BASTA C'AVEMU SINNACU A MASCAREDDA.

(Tale modo di dire è stato in uso per qualche tempo a Ribera, quando alla guida del paese c'era Ignazio Mascarella, primo Sindaco eletto dopo la caduta del fascismo (dal 9 maggio 1946 al 22 settembre 1950). Molto probabilmente è stato coniato da uno dei tanti elettori del Partito Comunista Italiano, che lo avevano voluto alla guida della nostra cittadina, dove é morto il 28 settembre 1965 all'età di 72 anni).



* DURARI DI NATALI A SANTU STEFANU.

(Durare pochissimo. Infatti Santo Stefano viene ricordato dalla religione cristiana, nel giorno successivo al Santo Natale e cioè il 26 Dicembre.



* PARI CA NUN CI CURPA E LI JETTA TUTTI 'NTA LA FUSSETTA.

(E' un modo di evidenziare il carattere di una persona, all'apparenza molto calma e quasi incapace di farsi valere, ma che al momento opportuno si sa imporre. Proviene da un antico gioco praticato tra i ragazzi, che consisteva nell'abilità di centrare una fossetta scavata nel terreno, con delle "giammarite" o pezzetti di argilla, opportunamente arrotondati e levigati).



* FARI LI COSI A LA SFACCIALATA.

(Agire apertamente senza nascondersi).



* SCACAGNARISILLA.

(Farsela franca, sfuggire ad una punizione o ad una vendetta).



* VECCHIU ‘NSIPITU.

(Vecchio insipido, di carattere brusco e giudicato antipatico).



* DARI LIGNATI A LEVA PILU.

(Dare botte da orbi).



* A PASCULU ABUSIVU.

(Agire senza regole, fare di testa propria creando scompiglio).



* FARI LU ‘GNIRRI E ‘GNORRI.

(Far finta di non capire o mostrarsi molto indifferenti).



* AVIRI LA LUPA.

(Avere molta fame e mangiare a sazietà).



* AVIRI LA TESTA SBINTATA.

(Avere sempre voglia di uscire di casa e mostrarsi irrequieti).



* ADDIU A LA SORTI.

(Frase di rassegnazione e di accettazione di qualsiasi esito nell’intraprendere una iniziativa rischiosa).



* DIU ‘NNI SCANZA E LIBIRA.

(E’ come dire “Dio ci salvi” ed è uno scongiuro contro un male temuto).



* FARI PIGLIARI UN CACAZZU.

(Far spaventare).



* METTIRI LU GGHIACCU A LA GULA.

(Sopraffare o costringere qualcuno a non potersi difendere).



* ESSIRI COMU UN MULU FAZU.

(Essere come un mulo imbizzarrito o irrequieto, che dà in escandescenze).



* NATRI SEMU CCA' E LU PAPA A ROMA.

(Questo detto poteva andare bene fino al 1958, quando era Pontefice Pio XII (Eugenio Pacelli), che stava sempre a Roma. Poi, con l'elezione al pontificato di Giovanni XXIII, le cose sono molto cambiate, poiché, questo grande Papa ha iniziato l'era dei pellegrinaggi in giro per il mondo a portare personalmente la voce della Chiesa.



* FARI 'NA VITA DI PAPA.

(Il detto fa riferimento ad una vita comoda e di benessere, ma forse, é errato pensare, che la vita di un Papa sia del tutto, agiata e confortevole.



* PIGLIARI 'NA CANTUNERA DI PETTU.

(Sbagliare clamorosamente. La "cantunera" o "cantunata" è la parte dei fabbricati urbani che termina in un incrocio. E' come se una persona ubriaca, vi andasse a sbattere contro).



* PITTIMA CA TI VENI.

(E' un rimprovero a qualcuno per le sue intemperanze. La "pittima" è un decotto di aromi vari immersi nel vino, che un tempo veniva applicato a caldo nella zona del cuore, per accrescerne gli spiriti vitali.



* ESSIRI UN SCECCU DI ISSARU.

(Essere uno che lavora alacremente e che non sente la fatica. Trae origine dall'antico mestiere, oggi scomparso, dei trasportatori di gesso, che si servivano dei propri asini, caricandoli pesantemente con "carteddi"(ceste) piene di blocchi di gesso, da portare agli impianti di raffinazione).



* STARI 'NCASA A LUERI.

(Abitare in una casa presa in affitto).



* A PARTI DI CASA.

(In una casa privata, privatamente).



* ESSIRI DUCI COMU UN'ARANCIU PARTUALLU.

(Essere dolce come un'arancia del Portogallo. Tale varietà di arance, i cui innesti provengono dal Portogallo, sono state importate in Sicilia dagli Spagnoli, durante il loro dominio. Nella frase non manca una certa ironia, in quanto il succo di questa varietà di arancia non è proprio dei più dolci).



* VOSCENZA BINIDICA.

(E' un saluto molto rispettoso, che anticamente si rivolgeva alle persone anziane o ai nobili in segno di rispetto).



* ESSIRI UN SCASSAPAGLIARU.

(Essere persona senza dignità o che ruba cose di poco valore. Letteralmente la parola "scassapagliaru", vuol dire "scassinare un pagliaio" e cioè una specie di casa a forma conica, costruita in campagna, con pali in legno e canne. Pertanto, considerato che entrare in un pagliaio è molto semplice è difficile trovarvi oggetti di valore).

* CHIOVI CU LI CIANCIANEDDI

(Si dice così per indicare una pioggia continua e abbondante, le cui gocce zampillano sulle pozzanghere).



* BONANOTTI A LI SUNATURA.

(E’ come dire che la festa è finita. Proviene dall’antica usanza di allietare le festicciole in famiglia o dalle serenate, durante le quali le orchestrine venivano chiamate e alla fine congedate con pagamento in denaro o in natura).


* ARRISTARI DI STUCCU.

(Rimanere allibiti, meravigliati o senza parola. Il detto trae spunto dalle immobili statue fatte in gesso e stucco).


* AVIRI LA TESTA ‘NGILO’ ‘NGILO’.

(Avere la testa tra le nuvole, essere distratti).
* ESSIRI UN’ACEDDU DI LU MALAGURIU.

(Essere portatore di jella o pessimista per qualcosa che deve avvenire. L’origine del detto risale a più di duemila anni fa, quando nella Roma dei Cesari, esisteva un ceto di indovini, chiamati àuguri, il cui compito era quello di leggere il bene o il male futuri, attraverso il volo degli uccelli).



* DI SCOPPU E DI RIVOLU.

(All’improvviso, inaspettatamente. Forse sarebbe più esatto dire “di scoppiu di rivolu”, come lo scoppio di una rivoluzione, che per l’appunto avviene sempre di sorpresa).



* ESSIRI ‘NA VIGNETTA.

(Essere ridicolo ed oggetto di scherno. Anticamente alcuni libri contenevano illustrazioni incorniciate da motivi ornamentali, costituiti da tralci di vite, che venivano comunemente chiamati vignette, ma in seguito, soltanto le illustrazioni satiriche su personaggi in vista , furono chiamate con tali appellativi).



* SPARARI A ZERU.

(Attaccare tutti e tutto senza riguardo, neanche per gli incolpevoli. Il detto trae origine dalle azioni di artiglieria pesante, quando un grosso cannone viene posizionato in maniera orizzontale e quindi a zero gradi di inclinazione. In tal modo sparando ad altezza d’uomo, aumentava la potenza distruttrice e spesso si verificava una vera e propria carneficina).



* PRUVARI L’AMURI DI PIPITINCHIUNI.

(Provare un amore esagerato che può dare fastidio o addirittura far male. Nella tradizione popolare il personaggio Pipitinchiuni è un uomo bonaccione, affettuoso, ma molto rude nei modi di fare. Un giorno, il focoso innamorato, preso da un improvviso ed irrefrenabile desiderio di abbracciare la moglie, la prese con molta irruenza, stringendola così forte, fino al punto di farla soffocare).



* PIGLIARI A PUNTALATI.

(A Ribera la frase vuol dire “prendere a sassate”, ma, più verosimilmente, credo che il significato più esatto sia quello di “dare colpi di puntale”. Infatti il puntale è un antico arnese in legno appuntito, realizzato dagli stessi contadini per punzecchiare gli animale e sollecitarli a camminare o a lavorare).



* FARI LI COSI A TIRITUPPITI.

(Fare le cose malamente o con svogliatezza).



* NESCIRI COMU UN SANTU VINTULINU.

(Uscire di casa senza coprirsi adeguatamente per il freddo).



* ESSIRI ‘NA PICCIOTTA MAFIUSA.

(Essere una ragazza avvenente, elegante nel truccarsi e nel modo di vestire. Nel caso specifico, la parola “mafiusa” suona come un complimento).



* ITTARI SBAFARI.

(Dire corbellerie e parlare a vanvera senza rendersene conto).



* AVIRI L’OCCHI A LI SERRI SERRI.

(Guardare in giro con molta curiosità come se si stesse cercando qualcosa).



* SI PO’ SCANZARI SCANZA.

(Letteralmente si può tradurre “se può evitare, evita”. Il detto si riferisce a quelle persone che evitano di salutare, facendo finta di non vedere).



* MEGLIU DIRI “CHI SACCIU”, CA “CHI SAPIA”.

(E’ il motto preferito da chi mostra prudenza prima di intraprendere una iniziativa, per evitare di fallire e poi pentirsene).



* NESCIRISINNI A PEDI ‘NCUCCHI.

(Uscir fuori da un impiccio o da una situazione senza subire alcuna conseguenza, né materiale né economica).



[Modificato da magiadimaglia 08/12/2008 22:09]