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* FARI UNA COSA DI MALU 'SDINGANNU.

(Fare una cosa non gradita, controvoglia e malvolentieri).



* CI PIGLIÀ LA MUSCA.

(Si dice a chi è diventato improvvisamente nervoso, scontroso ed intrattabile).

* ESSIRI NIVURU COMU LA PICI.

(Essere nero come la pece, essere fuori di sé per la rabbia).



* TRUVARISI 'NTA UN FUNNU DI LETTU.

(Essere gravemente ammalato e costretto a letto, con il timore di una morte imminente).



* JUCARI A FUTTI CUMPAGNU.

(Dar fregature e approfittare anche degli amici. Il detto ha origine dai giochi tra ragazzi, il cui scopo principale era sempre quello di primeggiare sugli altri, cercando di vincere, oltre che con l'abilità, anche con la furbizia o l’imbroglio).



* FARI CALARI LU LATTU.

(Fare annoiare maledettamente).



* TESTA DI CALABRISI.

(Si dice solitamente alle persone testarde e cocciute che non accettano alcun consiglio. Senza voler assolutamente offendere i calabresi che, è risaputo essere cortesi e laboriosi, il detto forse è nato proprio in Calabria, per evidenziare il carattere forte e volitivo della propria gente).



* SCECCU DI PANTIDDARIA.

(E' una frase bonariamente offensiva, per dare dell’ignorante a qualcuno. Non si comprende perché, il detto prende di mira “lu sceccu”, cioè l’asino dell'isola di Pantelleria.)



* FARI LA CUCCHIAREDDA.

(E' l'accenno di pianto di bambini piccolissimi, che appunto, sporgendo in fuori il labbro inferiore formano un incavo simile ad un cucchiaio).



* FARI LA CURSA DI CINCHINEDDU.

(Intraprendere un'azione o partecipare ad una gara senza ottenere buoni risultati. E' notorio che a Ribera, anticamente si svolgevano, con una certa assiduità, le corse dei cavalli, specie in concomitanza con le feste religiose, come San. Giuseppe, Sant'Antonino o Maria SS. Immacolata. Si pensa che, Cinchineddu, doveva essere un fantino, che correva sempre, ma sfortunatamente non vinceva mai).



* AVIRI LU MUDDICU JCATU.

(Avere l'ombelico unito. E' un detto popolare secondo il quale due o più amici stanno sempre insieme ed hanno molti interessi comuni. Questo stretto legame viene paragonato a due fratelli siamesi, uniti dalla nascita).



* ESSIRI AMICU DI TRAZZERA.

(Essere considerato un amico non sincero, infido ed a volte pericoloso, per cui è necessario prendere le dovute cautele. Una conoscenza improvvisa, che, ad esempio, può avvenire tra due persone che, casualmente si incontrano in una trazzera di campagna, può instaurare un'amicizia temporanea che, difficilmente sarà destinata a durare).



* FARI LU SACCHINARU.

(Rubare cose di poco conto, come ad esempio quelle contenute in una "sacchina" (bisaccia del contadino). “Lu sacchinaru”, pertanto, è un ladro da strapazzo, che per un nonnulla, a volte provoca grossi danni).



* ESSIRI FIGLIU DI LA GADDINA BIANCA.

(Essere il prediletto e, godere di privilegi immeritati, che provocano il risentimento e l'invidia di altri).



* ESSIRI PALUMMEDDA SENZA FELI.

(Essere come una colomba senza veleno, cioè ingenuo e incapace di far male).



* DIU 'NNI SCANZA E LIBIRA.

(E' uno scongiuro contro un danno temuto o un avvenimento che potrebbe portare lutti e rovine. E' anche una invocazione a Dio, affinché protegga da eventuali disgrazie).



* A SCANCIU T'AVISSIRU A 'MMAZZARI !

(Espressione piena di cattiveria e di odio che significa letteralmente "Per errore ti dovrebbero uccidere". Fortunatamente, questa terribile frase, ormai del tutto scomparsa, non trova alcun riscontro in fatti reali).



* AVIRI UN VRAZZU LONGU E UNU CURTU.

(Avere un braccio lungo ed uno corto si riferisce a persone, abituate a ricevere e mai a dare).



* ESSIRI ASCIUTTU COMU UN'ARANCIU DI PARTANNA.

(Essere freddo, insensibile a qualunque cosa o poco disponibile verso gli altri. Il paragone con le arance di Partanna, che sicuramente il succo ce l'hanno, non vuole essere assolutamente cattivo, ma è risaputo che quelle di Ribera, succose, squisite e coltivate per l'appunto nella ”Citta' delle arance”, godono di una fama meritata che non teme concorrenza).



* FARI ABBALLARI SENZA SONU.

(Intimidire spavaldamente i più deboli).



* FARI SCUMAZZA.

(Parlare a sproposito e non concludere nulla. È come dire: “Tutto fumo e niente arrosto”, oppure “Scrusciu di carta assà e cubbata nenti”).



BEDDU DI FACCI E BEDDU DI CORI.

(Così si usa definire una persona, che, oltre ad essere di bella presenza è anche generosa).



ESSIRI CCHIÙ LASDI DI LA VECCHIA DI L’ACITU.

(Essere bruttissimi. Racconta qualche anziano che, anticamente a Ribera, girava per le strade una vecchietta, alquanto brutta, che vendeva aceto e che, per l’appunto, era da tutti conosciuta come “la vecchia di l’acitu”).



AVIRI LA FACCI A PROVA DI BUMMA.

(Avere la faccia tosta. Si può anche dire “aviri la facci di brunzu”).



ESSIRI FRISCU COMU LI ROSI.

(Si dice di persona sempre quieta, che non si preoccupa di nulla, Equivale ad “essiri sodu”. Più raro il detto “Essiri friscu comu la nivi”).



ESSIRI GRANNI AMMATULA.

(Essere grandi inutilmente. Si definiscono così i giovani di una certa età, che dimostrano ancora comportamenti da adolescenti).



ESSIRI LAVATIVI.

(Essere pigri, oziosi. È “lavativu”, o anche “lagnusu”, chi non vuole lavorare o che non si impegna in nessuna iniziativa).



ESSIRI SANTA CHIARA DI NAPULI.

(Essere espliciti e dire apertamente e senza timore ciò che si pensa).



ESSIRI TARGA NAPULI.

(Avere sempre voglia di uscire di casa, o intraprendere spesso dei viaggi anche in posti lontani).



PASSARISI LA MANI ‘NTA LU PETTU.

(Fare le cose secondo la propria coscienza, o dimostrare di essere in buona fede).



UNNI SI TOCCA SONA.

(Il detto viene solitamente riferito a persone molto eclettiche, ricche di inventiva e che si prodigano, con successo in tante iniziative. Come dire: “ovunque lo metti, se la saprà cavare).



MUTU CU SAPI LU JOCU.

(È un invito a chi conosce fatti, soluzioni o situazioni, a non rivelarli prima del tempo. È come dire: “Stia zitto chi già è a conoscenza).



TUTTU ‘NTENTU AMARI A DIU.

(Il detto evidenzia tutti quei casi in cui una persona fa una cosa , solo per un proprio calcolato tornaconto).



PIATTU RICCU MI CI ‘NFICCU.

(Non farsi sfuggire una occasione che si ritiene favorevole. Entrare in gioco per trarne degli utili).



ITTARISI A MATAFFU.

(Gettarsi o scagliarsi contro qualcosa o qualcuno, con il rischio di far danno. “Lu mataffu”, è uno strumento campagnolo in legno che serviva a spianare il terreno. In italiano si chiama mazzeranga, mazzapicchio, pillòne o pillo).



PEZZU E PEGU.

(Idem, tale e quale, lo stesso).



BERBE D’OPIRA.

(Vuol dire “identico”, somigliante, ecc.” Si riferisce a persone apparse in sogno).



SPARIARISILLA.

(Fare a scarica barile),



TRUVARI ‘NA BONA CUGNINTURA.

(La parola “cugnintura” vuol dire congiuntura, ma nel contesto della frase significa “buona occasione” o opportunità che si deve lasciare sfuggire.

* 'MBRIACARISI DI VINU BONU.

Fare soltanto le cose che possano dare buoni frutti e tralasciare quelle di poco conto. Saper scegliere le cose migliori).



* ACCATTA E PENTITI.

(Comprare e investire è sempre buona cosa, anche se può esserci qualche rischio).



* TI PIACÌ LU PISCI, ORA ETTA LA RESCA.

È un modo di dire che si rivolge alle donne che soffrono, a causa del travaglio per un imminente parto) .



* A SCHIFIU FINÌ.

(È finita nel peggiore dei modi) .



* FINÌ A FRISCHI E PIDITA.

(È finito tutto in una grande confusione. Può anche riferirsi al clamoroso fallimento di qualche iniziativa o all'insuccesso di uno spettacolo ) .



* ALLAMARI COMU LI CANI.

(Lamentarsi come un cane che soffre, o che ha molta fame).



* ESSIRI UN PEPPI COPPULA.

(Essere uno stupido, buono a nulla ed incapace) .



* ESSIRI 'NA VERA CAMURRIA.

(La parola "camurria" proviene da "camorra", che è una associazione di criminali nota in Campania, le cui attività illecite hanno come scopo le estorsioni, il contrabbando e le vendette. Il detto, comunque, dalle nostre parti è bonariamente rivolto ai seccatori noiosi o a chi fa insistenti richieste che non possono essere esaudite).



* LICCARISI L'UGNA.

(Leccarsi le unghia é come leccarsi i baffi, quando si assaggia qualcosa di buono) .



* E CU CI LA PORTA ORA STA NUTIZIA A LA CASA.

(È una espressione che si pronuncia quando si assiste o si viene a conoscenza di qualcosa di grave, per cui occorre avere una certa freddezza e coraggio per raccontarla a casa) .



* ESSIRI 'NTALL'ACQUA DI L'ARANCI.

Trovarsi nei guai. L'acqua contenuta in parte nelle arance è acida, per cui da questa caratteristica ha avuto origine il detto) .



* CHISTA È LA ZITA !

(Far comprendere a qualcuno che una certa situazione deve essere accettata così com'è, senza nulla pretendere in più. Il detto può anche essere più completo con l'aggiunta di “orba, ciunca e struppiata”, per evidenziare che non mancano alcuni difetti).



* FARISI LA TRUSCIA.

(Farsi il fagotto e prepararsi a partire. In tempi ormai quasi del tutto dimenticati, quando due innamorati non potevano fidanzarsi e sposarsi per l'intromissione o il divieto dei genitori, a volte decidevano di scappare insieme. Era questa la famosa "fuitina" che permetteva loro di stare qualche giorno assieme fuori, spesso presso parenti compiacenti, per poi ritornare a casa e pensare alle future nozze. Spesso, quando si sentiva dire che una ragazza aveva fatto "la truscia", voleva dire che era scappata via con il suo spasimante).



* FARI LU CAPPOTTU.

Al gioco della dama vuol dire, mettere l'avversario in una condizione di non poter fare alcun punto. Quindi, ottenere una vittoria limpida e totale).



* FARISI LA CRUCI CU LA MANU MANCA.

(Si dice “mi vogliu fari la cruci cu la manu manca” ,in momenti di paura, di meraviglia, di stupore, per qualche avvenimento tragico ed inaspettato)



* ARRISTARI CU 'NA MANU DAVANTI E L'ATRA 'NNARRÈ.

(Rimanere gabbato dopo un'impresa non riuscita. Equivale al detto "Arristari curnutu e vastuniatu).



* IRISINNI CANNI CANNI.

(Andare avanti con sicurezza e senza incontrare ostacoli).



* FARISILLA PETRI PETRI.

(Scampare fortunosamente a qualche pericolo) .



* CIRCARI COMU 'NA GUGLIA PERSA.

(Cercare qualcuno o qualcosa che difficilmente si potrà trovare. Praticamente è come "cercare un ago in un pagliaio" ) .



* IRISINNI COMU UN CANI MAZZIATU.

(Andarsene come un cane bastonato, cioè avvilito, mortificato per qualcosa che si è conclusa nel peggiore dei modi) .



* METTISI SUTTA SCUPA.

(Letteralmente sta per "mettersi sotto scopa", cioè dare agli altri una possibilità insperata ed esporsi ad un certo rischio. Quando si gioca a "Scopa", lasciare sul tavolo alcune carte, la cui somma non supera il dieci, è come dare all'avversario la possibilità di fare scopa).



* METTISI UN PUCI 'NTESTA.

(Nella lingua italiana un detto simile è "Mettersi una pulce nell'orecchio". Vuol significare, avere un pensiero fisso nella mente e non essere tranquilli) .



* NESCIRI L'UGNA COMU LI GATTI.

(Reagire energicamente. Sapersi difendere anche con i prepotenti, mostrando una certa aggressività).



* SI UNCERU QUATTRU AMICI E LU ZU COLA.

(Con questa frase si indica un gruppo ristretto di persone che, riservatamente, si intrattengono a discutere argomenti di loro comune interesse, destando l'invidia o l'antipatia di altri esclusi) .



* ESSIRI PEGGIU DI GIUFÀ.

(Notoria è nella letteratura siciliana la figura di Giufà, il quale "una ne pensa e cento ne fà!". La caratteristica principale di questo simpatico personaggio è sempre quella di combinare guai a non finire. Quindi, essere considerati peggio di Giufà, equivale ad essere definiti stupidi, inetti ed irresponsabili) .



* E CHI PARLU CU LU MURU ?

(Frase che si rivolge a chi non presta ascolto o che fa finta di non sentire. È come parlare ai sordi) .



* E CU PARLA LU PARACCARU ?

(Ha lo stesso significato della frase precedente. Credo che l'origine sia da ricercare nell'antico mestiere degli ombrellai ambulanti, che, un tempo, giravano per le strade per riparare ombrelli. Negli ultimi anni del 1950, quando in Italia s'è determinato un certo benessere economico, nessuno ha più pensato di riparare gli ombrelli rotti, ma ha preferito comprarli nuovi. Così il grido dell'ombrellaio veniva sempre meno ascoltato, fino al punto di fare scomparire questo antichissimo mestiere).



* PIGLIARISI UN LISCIA E BUSCIA.

(Prendersi un severo rimprovero o anche percosse. La parola "buscia" o "vusciu" è una pianta con legno durissimo, chiamata bosso dalla quale possono essere ricavate delle verghe o bacchette per bastonare gli animali).

* RISTARI CU L'OCCHI CHINI E LI MANI VACANTI.

(Avere sperato di ottenere qualcosa, ma essere rimasti a mani vuote).



* ESSIRI AZZACCANATU.

(Essere inzuppato d'acqua con tutti i vestiti addosso. Si può anche dire "essiri azzaccanatu comu un puddicinu". In realtà la parola "azzaccanatu" proviene dal verbo "azzaccanari", che vuol dire "inzaccherarsi" o "riempirsi di zacchere", cioè di pezzi di fango) .



* PISSINIARI.

(Piovere lentamente ma in continuazione. Si può anche dire "chioviri a suppa viddanu". Il detto proviene dal noto bisbiglio o sussurro "pissi pissi", quando si vuole chiamare qualcuno piano e a bassa voce, per non disturbare gli altri) .



* TAGLIARI CARNI E OSSA.

(Non guardare in faccia nessuno. Fare le cose secondo giustizia) .



* UNNI VÀ CU LU SCECCU !

(Letteralmente vuol dire: "dove vai con l'asino", ma il significato per noi siciliani è "Ma dove credi di andare ?". Quindi è un invito a non continuare nel fare qualcosa).



* ZERU E VÀ ZERU, UN CANTARU E VINTICINCU.

(Si usa questo famoso detto, quando il risultato di una operazione rispecchia le previsioni. Vuol dire anche "ne più, ne meno", e cioè, che i conti tornano).



* AVIRI UN CORI D'ASINU E UN CORI DI LIUNI.

(Dimostrare indecisione nell'apprestarsi a far qualcosa. Avere speranza e timore nello stesso tempo. Il cuore dell'asino rappresenta la paura, mentre quello del leone il coraggio).



* RACCUMANNARI LA PECURA A LU LUPU.

(Raccomandare una persona a gente incapace o a qualcuno che potrebbe danneggiarla, anziché aiutarla).



* ACCHIANARI LI MURA LISCI.

(Essere capaci di superare qualsiasi ostacolo, pur di raggiungere uno scopo) .



* FARI TRASIRI LU SCECU PI LA CUDA.

(Voler fare cose impossibili. Insistere nel portare avanti un'idea o un progetto, giudicati irrealizzabili).



* NUN POZZU CAMINARI E HAIU A CURRIRI.

(Il detto viene pronunciato da chi è costretto, suo malgrado, a far cose al di sopra delle sue possibilità. È come “fare il passo più lungo della gamba”).



* UNNI MANGIANU TRÌ, MANGIANU QUATTRU.

(Ciò che basta per tre persone, può bastare anche per quattro. C'è sempre la possibilità di ospitare o far sedere a tavola una persona arrivata all'improvviso) .



* PIGLIARI LU CELU CU LI MANI.

(Prendere il cielo con le mani equivale a voler fare cose molto difficili e quasi impossibili. Il detto può anche esprimere gioia e felicità per qualche colpo improvviso di fortuna) .



* PIGLIARISILLA 'NCRIMINALI.

(Offendersi, restare male. Proviene da "crimine", cioè, da una azione illegale che lede i diritti altrui) .



* ESSIRI AMICU DI L'AMICI.

(Essere amico di tutti, socievole e molto disponibile).



* ESSIRI UN PEZZU DI NOVANTA.

(Essere uno che conta, che incute timore, o che impone rispetto e sudditanza a chi spera di ottenerne favori. Sono considerati "pezzi da novanta" anche i capi di associazioni che operano nella illegalità e nella malavita) .



* UNN'AVIRI VUCI IN CAPITULU.

(Non contare niente, non essere preso in alcuna considerazione).



* PAROLA DI RE.

(È come dire "parola d'onore". Promessa che non può e non deve essere disattesa).



* LASSARI FARI A DIU.

(Quando non si è in grado di risolvere un problema, ci si affida alla divina provvidenza) .



* PIGLIARISI GATTI A PITTINARI.

(Assumersi incombenze assai gravose e correre dei rischi. Infatti non è proprio prudente pettinare un gatto, senza prendere le dovute cautele) .



* ESSIRI A CAVADDU.

(Trovarsi in una condizione di privilegio rispetto ad altri. Stare più in alto, come chi sta a cavallo) .



* OCCHIU VIVU !

(Attenzione, all'erta!).

* TUCCARICI L'OVU A LA GADDINA.

(Voler vederci chiaro, accertarsi delle reali intenzioni di qualcuno. Indagare per prevenire qualche brutta sorpresa. Proviene dall’uso, forse ancora attuale, di toccare la parte interna delle galline, per constatare se qualche uovo sia in procinto di essere "fitato", cioè deposto ) .



* VIDIRI LA CARTA MALA PIGLIATA.

(Accorgersi che qualcosa non sta andando per il giusto verso. Il detto proviene dai tanti giochi a carte, quando si prende una carta non desiderata)



* ATTACCARI LU SCECU UNNI VOLI LU PATRUNI.

(Legare l'asino dove vuole il padrone equivale a sottomettersi alla volontà dei più forti o, a volte, dei più prepotenti ) .



* CHISTU E NENTI SÙ PARENTI.

(Paragonare e accomunare due cose di poco valore o di nessuna importanza) .



* FARI MALA VITA PI NUN PARLARI.

(Vivere male e subire la volontà di altri, senza trovare la forza di imporre le proprie idee).



* METTISI LU CORI IN PACI.

(Rassegnarsi e rinunciare a qualcosa. Tranquillizzarsi. Si può anche dire "stuiarisi lu mussu", cioè "pulirsi la bocca", quando non c'è più niente da mangiare) .



* LICCARISI LA SARDA.

(Essere ridotti in miseria. La sarda è stata sempre considerata un pesce per poveri ) .



* AVIRINI CU LI COFFI E LI CUFINA.

(Averne a bizzeffe o in abbondanza. "Li coffi e li cufina", sono contenitori della civiltà contadina, fatti a mano con palme nane o canne e servono a contenere varie cose, specie prodotti agricoli).



* IRI A LU NOVU A LU NOVU.

(Significa "comprare sempre cose nuove". Oggi, questa espressione è frequentemente usata nelle famiglie, in quanto le esigenze dei figli, sembrano non avere limiti. Oggetti, capi di vestiario, giocattoli, non appena sono lievemente consumati, vengono, impietosamente gettati via, senza pensarci due volte e sostituiti "dal nuovo".



* AVIRI LA NASCA A L'ADDRITTA.

(Essere antipatici, vanitosi, superbi. La frase viene spesso riferita a persone che disdegnano alcune compagnie, convinte, forse di appartenere ad un ceto sociale superiore) .



* SORDI DI JOCU, LASSALI DDOCU.

(Ai soldi vinti al gioco, spesso non si dà alcun valore e quindi, con molta probabilità, vengono rigiocati e persi nuovamente. C'è molta similitudine con l'altro detto, "nenti avia e nenti haiu, mi 'nni futtu e mi 'nni vaiu).



* FARI LU CURNUTU PACINZIUSU.

(Dimostrarsi molto pazienti e subire senza reagire ) .



* 'NN'HA CCHIÙ PUMETTA ?

(Letteralmente vuol dire "Ne hai più bottoni ?" Negli anni del dopoguerra, tra il 1945 e il 1960, uno dei giochi preferiti dagli adolescenti di Ribera, era quello di giocarsi i bottoni, sia a carte, che alla conta, "a spariari" o "a lu quatrettu". Quando qualcuno aveva perduto tutti i bottoni, si sentiva rivolgere tale frase. Col tempo, si è avuto un cambiamento del vero significato di questo detto, che può essere anche rivolto a chi ha subito una sconfitta).



* AVIRI L'OVU VUTATU.

(Essere irrequieto. Il detto trae origine dalla gallina che si agita e fa fatica, per deporre un uovo che non si trova in perfetta posizione) .



* TIRITIPPITI E TIRITAPPITI.

(È un modo alquanto simpatico di abbreviare un discorso o un racconto, omettendo fatti e situazioni facilmente immaginabili. Può anche significare "eccetera, eccetera". La parola "tiritappiti" proviene da "tappina" (scarpa) e da "tappiti", che indica il rumore dei passi).



* O DI CRICCHI, O DI CROCCHI.

(Nel dialetto siciliano "Cricchi e Croccu" simboleggiano due amici che bisticciano in continuazione e che non trovano mai un accordo. Quando gli "amici" sono tre o di più si dice scherzosamente "Cricchi e Crocchi e manicu di sciascu". Il detto, spesso può voler dire che una certa cosa, in un modo o nell'altro è bene che si faccia).



* CU LU PARMU E LA 'GNUTTICATURA.

(Con il palmo e in più la piega. Vuol dire, dare qualcosa in più di ciò che spetta. Il detto trae origine dai commercianti di tessuti, che nel misurare la stoffa in palmi, usavano tagliarne un pò di più, come regalo).



* ESSIRI BANNERA DI CANNAVAZZU.

(Paragonare una persona ad una bandiera ricavata da uno straccio é come dirle che non ha onore e non merita alcuna stima).



* MI STAVA SCAPPANNU CHIATTA E TUNNA.

(La frase viene pronunciata da chi, per un fatto non gradito, si viene a trovare in procinto di reagire energicamente, con qualche parola oscena e irriguardosa, ma che a stento si trattiene).



* ESSIRI UN CHIANCI MINESTRA.

(Essere un piagnucolone che ha sempre da lamentarsi).



* O DI BONU E BONU, O DI MALANDRINARIA.

(O con le buone o con la prepotenza. Il detto trae sicuramente origine dai modi bruschi usati dai cosiddetti "malandrini" (persone appartenenti alla malavita organizzata), per convincere qualcuno a far qualcosa contro la propria volontà. Uno dei modi per estorcere denaro è infatti, quello di cercare in un primo momento di ottenerlo con "le buone maniere", ma successivamente con le maniere forti e con le minacce).



* FARI SULLENA

(Fare sul serio)



* QUARCHI MATINA DI NEGLIA

(In qualche mattino di nebbia, quando meno te l’aspetti, all’improvviso. È una frase che precede una minaccia o che fa trasparire una possibile e prossima reazione per un torto subìto).



* PIGLIARI DI SUTTA E METTIRI ‘NCAPU.

(Tirare fuori discorsi vecchi e risaputi che possono ancora di più, compromettere una certa situazione).



* PIGLIARI DI SUTTA LI LIGNA.

(Agire con parole o azioni inaspettate che altri non potevano immaginare).



* MANCIARI PANI SCURDATU.

(Dimenticare di fare qualcosa di cui si era preso impegno. Essere distratti).



* METTISI OJ, DUMANI.

(Rinviare sempre al domani ciò che invece si potrebbe fare oggi).



*SCURU CA SI FEDDA.

(Equivale a buio pesto).



*AZZUZZARI LI CARTI.

(Allineare il mazzo di carte da gioco dopo averlo mescolato e battuto più volte sul tavolo. “Azzuzzari” proviene da “Zuzzana”, che vuol dire “dozzina” e quindi è come ordinare l’intero mazzo a gruppetti di 12 carte).





* TALIARI DI SCHIBEGGIU.

(Guardare di traverso, a volte con malignità, per non farsi notare).



* SALUTAMU E CACCIAMU.

(È come dire “basta, finiamola qui”. La frase serve anche ad interrompere una conversazione, quando non si riesce a trovare un punto di accordo).



* UNN’È TEMPU DI UNCHIARI BUSSICHI.

(Non è il momento opportuno per intraprendere iniziative. Il detto fa riferimento ad uno dei passatempi preferiti a Ribera negli anni ’50, tra i bambini che, in possesso di qualche pezzetto di budello di animale, recuperato in qualche macelleria, si divertivano a legarlo da una estremità ed a gonfiarlo per ricavarne un palloncino. La parola riberese “bussica” (in altre parti detta “vissìca”) significa vescica).



* A CHI UN POZZU ACCATTARI PATTIU.

(Fare i patti prima di realizzare un affare. È la constatazione di non essere ancora preparati e quindi, prima di intraprendere una iniziativa, specialmente se di tipo economico, occorre fare le dovute indagini).



* MA DUNNI E DUNNI CUCUZZI TUNNI !

(È una frase che indica disapprovazione di qualcosa. È come voler dire “ma che vai dicendo, ma che ti salta in testa”. Altra espressione tipica riberese, molto simile è “Chi ‘nnicchi e ‘nnacchi” ‘, riportata in altra pagina).



* S’UN CI INCHI LI CUDICINI, UNN’È SACCU CHI RESTA AL’ADDRITTA.

(Per tenere all’impiedi un sacco è bene riempirlo tutto dalla base e con materiali ben sistemati e costipati. Riferito alla vita quotidiana, il detto equivale a progettare bene ogni cosa prima di intraprendere qualunque iniziativa. “Li cudicini” (code), sono le due punte che stanno alla base di un sacco

* ARRISTARI 'NTRIDICI.

(Lasciare in sospeso un lavoro, perché impossibilitati ad ultimarlo).



* E COMU FACEMU!

(A tale frase, pronunciata in momenti di difficoltà, spesso si risponde scherzosamente "Comu ficiru l'antichi, ca si spignaru li panzi e si 'mpignaru li muddichi!". In tale risposta, é evidente l'ironia e l’ottimismo, per dire, che in certe situazioni, occorre prodigarsi e non perdere le speranze).



* CHI DISSI LU PAPA ? A LA FURIA A CHIDDU CHI CACA!

(Anticamente i giochi dei bambini si svolgevano per molte ore fuori di casa e spesso nelle periferie del paese. Non era raro che, ogni tanto qualcuno avesse bisogno di soddisfare un bisognino fisiologico all'aperto e non ci pensasse due volte a "mettersi in posa". In tali casi, sovente, il malcapitato veniva fatto oggetto di scherno e preso a sassate da altri ragazzi, possibilmente "nemici di altri quartieri", che, urlando appunto questo famoso detto, considerato un grido di guerra, lo prendevano "a puntalati", cioè a sassate, costringendolo a fuggire con i calzoni a penzoloni).



* AVIRI ‘NTESTA, CCHIÙ CORNA CA CAPIDDI.

(Avere in testa più corna che capelli è una esagerazione, per qualificare una persona come inaffidabile, cattiva e da evitare. La frase può, a volte, suonare come un complimento, se, riferita a persone furbe o geniali che sanno bene destreggiarsi in ogni situazione. Nel gergo siciliano, spesso, dire "sì un curnutu", o addirittura "un curnutazzu" a qualcuno, equivale a definirlo in gamba).



* ESSIRI UN RUFFIANU.

(Il ruffiano è uno che fa da tramite fra due persone. A volte la frase può essere intesa come offensiva nei confronti di qualcuno, che, per accattivarsi le simpatie di qualche “pezzu di novanta”, gli confida fatti che non dovrebbe. Anticamente si chiamava "ruffianu" anche il paraninfo, o messaggero che combinava i matrimoni).



* ESSIRI UN MALACUNNUTTA.

(Dicesi di una persona che tiene una brutta condotta verso gli altri).



* PARIRI COMU L'ESERCITU DI FRANCISCHIELLU.

(Sembrare come l'esercito di Franceschiello. Il detto si riferisce ad un gruppo di persone incapaci di portare avanti un progetto di comune interesse, in quanto poco organizzati e con idee molto confuse. Trae origine da un aneddoto che ha per protagonista l'ultimo re delle Due Sicilie, Francesco II di Borbone (1836-1894), soprannominato Franceschiello. Il predetto sovrano aveva un esercito di uomini inefficienti, sia sotto l'aspetto degli armamenti, che dell'addestramento, per cui ogni battaglia era un grosso rischio).



* SI UN PÒ MANCIARI CARNI, SURCHIA BRODU.

(Se non si può avere molto, ci si deve accontentare anche di poco).



* FARI UN TINTU E UN TINTU E MEZZU.

(Fare qualcosa anche contro la propria volontà. Decidersi una buona volta ad agire).



* MANCU DI RASTU !

(La parola siciliana “ràstu” vuol dire segno lasciato dal piede, orma, impronta. Ma il detto equivale a “nemmeno per sogno !” , “impossibile”).



* A LI GRANA, CA LU SURBIZZU È LESTU !

(È come dire “Datemi i soldi, poiché il lavoro è stato fatto”).



* ESSIRI UN VERU GIAFAGLIUNI.

(Essere un bel giovane, alto e possente. “Lu giafagliuni” è la parte interna della palma nana, molto coriacea e corposa).



* DOPPU LA FESTA, LA VIGILIA.

(Si dice a chi fa le cose quando ormai è troppo tardi).



* CCHIÙ CHI CRISCI, CCHIÙ ‘NTINTISCI.

(Più cresce e più diventa discolo e monello. Frase che si rivolge ai più piccoli).



* TUTTU 'NTENTU AMARI A DIU.

(Si definisce così il comportamento di una persona che manifesta disponibilità, per un proprio esclusivo interesse. Caso tipico è quello di certi parenti, che accudiscono un anziano bisognoso, al solo scopo di venire poi in possesso dell'eredità).



* ESSIRI 'NA FIMMINA BAGGIANA.

(La frase può avere due significati, uno che equivale a vanità e civetteria, l'altro, che può anche essere un complimento ad una ragazza che si trucca e si veste con una certa eleganza).



* DI 'NCULU SI LA TIRÀ .

(È una espressione di insoddisfazione che viene pronunciata quando si riceve una porzione ridotta di un dolce o di una leccornia. Alcuni anziani, per manifestare la loro delusione usano anche, dire ironicamente "Abbuttati vecchia!").



* DORMIRI CU LA MANU A LA MASCIDDA.

(Dormire sonni tranquilli, essere sereni per l'avvenire).



* UNN'AVIRI NÈ ARTI, NÈ PARTI.

(Non saper fare alcun mestiere e trovarsi nella impossibilità di poter lavorare).



* FARI UN VIAGGIU E DÙ SURBIZZA.

(Riuscire con una sola azione a risolvere due faccende. Un detto simile è "Cu 'na fava dù picciuna").



* NUN NI VULIRI MANCU A BRODU.

(La frase calza a pennello a chi si ostina in tutti i modi a non voler far nulla. Si può anche dire: "Nè acqua chi lu vagna, nè suli chi l'asciuca", oppure "Essiri friscu comu li rosi").



* ESSIRI GREVIU COMU LA PAGLIA.

( Essere insipido come la paglia, o di malumore. È un famoso detto siciliano, per evidenziare il comportamento di una persona fredda e insensibile a tutto).



* ADDRIVATU CU LU LATTI DI L'ACEDDU.

(Sebbene non risulta che gli uccelli producano latte, tale espressione per i siciliani ha un grande significato e vuol dire "allevato con tutti i riguardi" o "fatto crescere nel benessere").



* CAPU D'ANNU E CAPU DI MISI, LI MASTAZZOLI UNNI SÙ MISI ?

("Li mastazzoli" sono biscotti tipici di Ribera, che vengono preparati per le feste di Natale e Capo d'Anno. La loro principale caratteristica è quella di essere di colore marrone scuro, perché contengono anche il vino cotto. È un modo di dire, per far notare che ogni festività ha le proprie tradizioni e le proprie pietanze tipiche).



* CU AVI CCHIASSÀ AVI ARSU.

(Chi ha di più ha un asso. Naturalmente, in questo caso, l'asso è considerato la carta di minor valore, in quanto la frase fa riferimento ad un gruppo di persone incapaci e tutti di basso livello e di poche iniziative).



* 'NN'ARRISTARU L'OCCHI PI CHIANGIRI E LI CAPIDDI PI TIRARINILLI.

(“Non ci resta che la disperazione, piangere e strapparci i capelli”. È un modo alquanto triste e pessimistico per lagnarsi delle proprie disgrazie o di una iniziativa finita disastrosamente).



* ESSIRI UN BEDDU SCAMPULU.

(Essere un bel tipo! Si qualifica così un individuo poco raccomandabile, spesso cattivo e non degno di essere frequentato. Il detto ha origine dalla parola "scampulu" che è un pezzo di stoffa rimasta, che viene venduta ad un prezzo più basso).



* C'ERA BEDDA SARAFINA ? CI Ì LA GATTA E CI PISCIÀ !

(Questa frase è molto popolare a Ribera e viene tirata in ballo ogni qualvolta ci si riferisce a fatti, cose o persone, che, trovandosi già in cattive condizioni, stanno attraversando una situazione di peggioramento. Può anche significare che una certa iniziativa, a seguito di interventi inadeguati o di aiuti poco efficaci, é finita male).



* VECCHIU È CU MORI.

(Il detto viene spesso pronunciato da arzilli anziani ancora in buona forma e in ottima salute, che per l'appunto, non amano essere apostrofati con l'aggettivo di "vecchiu", anche se rivolto loro senza alcuna cattiveria).



* SCANCIARI GARGI PI PISCI.

(Scambiare una cosa per un'altra).



* ESSIRI CCHIÙ FITUSI DI L'ACQUA DI LU BACCALÀ.

(Essere sgarbati, poco socievoli e di pessimo carattere, nei confronti del prossimo).



* E CHI È TEMPU DI 'MPISI ?

(Letteralmente si traduce : "Ma cos'è tempo di impiccagioni ?", ma il vero senso che si attribuisce al detto è quello di far capire ad una persona che non è il caso di precipitarsi a far qualcosa. Occorre riflettere bene prima di agire o aspettare un momento più propizio).



* CHISSU, SCHIFFARAMENTU È !

(Frase solitamente rivolta a chi sta facendo una cosa inutile o un'azione non proprio gradita).



* NUN SI CI PÒ DIRI: - NÈ BEDDU, NÈ LASDU.

(“Non gli si può dire né bello , né brutto”. Equivale a qualificare una persona come scontrosa, irascibile, non incline al dialogo o non disposta a farsi consigliare).



* TIRARI DI DARICA.

(Estirpare con tutta la radice. Fare le cose al completo, senza tralasciare nulla).



* ‘NA DITTA E ‘NA FATTA.

(All’improvviso, repentinamente, agire subito ).



* NASCIRI CU LA CAMMISA.

(Per la tradizione siciliana, un tempo, era uso credere, che se un bambino nasceva avvolto dalla membrana fetale, avrebbe avuto fortuna nella vita. Da qui il detto “Nascere con la camicia”).



* ESSIRI IN BULLETTA.

(Anticamente chi non pagava i debiti, veniva scritto su un registro detto “delle bollette”. Pertanto la frase significa “Essere senza soldi”).



* FARI ‘NA BUZZARATA.

(Combinare un grosso guaio, per incapacità o per disattenzione. Più precisamente significa, far male a qualcuno abusando del proprio potere o essere prepotenti).



* ORBA DI L’OCCHI.

(È un giuramento sulla propria vista, per avvalorare ciò che si dice).

* ESSIRI COMU UN FOCU DI PAGLIA.

(Si sa che il fuoco di paglia divampa velocemente, ma altrettanto velocemente si spegne. Il detto vuole appunto indicare tutte quelle iniziative, che, prese precipitosamente, senza le opportune cautele, finiscono con un nulla di fatto) .

* CU MANGIA PATATI UN MORI MÀ.

(Tale frase era molto in voga a Ribera negli anni '50 e veniva "vanniata" per le strade da un noto venditore ambulante di ortaggi e frutta, che ne aveva fatto il proprio biglietto da visita. Era Nunzio Maiorana, simpaticamente chiamato "Nunziu pipaloru", che vendeva la propria merce in tutti i quartieri del paese, servendosi esclusivamente di una carriola in legno).



* APPUIARISI A LU MURU VASCIU.

(Cercare il modo più facile per raggiungere i propri scopi, approfittando dei più deboli).



* 'NCUITARI LU CANI CHI DORMI.

(Dare fastidio a qualcuno che si fa i fatti propri).



* ESSIRI NUDDU, AMMISCATU CU NENTI.

(Essere una persona inutile, insignificante e non degna di alcuna considerazione).



* FARI VIDIRI LI STIDDI DI MAZZIORNU.

(Può essere una minaccia per impaurire qualcuno. Se si dice: "vitti li stiddi di mazziornu" , vuol dire anche, che si è provato un forte dolore per un improvviso fatto accidentale).



* OGNI PILU PARI UN TRAVU.

(Essere esagerati e molto pignoli, anche per un nonnulla).



* SENTISI PIGLIATU DI LI TURCHI.

(Sentirsi tirato in causa senza alcun motivo) .



* JUCARI A LA GIAMMARITEDDA.

(Anticamente, uno dei giochi preferiti dai bambini era quello della "giammarita", che consisteva nel centrare un bersaglio a terra con un pezzetto di argilla, ricavato da una "quartàra" rotta e opportunamente arrotondato. Il vero significato di questo detto è quello di sottovalutare cose o situazioni molto serie) .



* CHIANGIRI CU UN'OCCHIU.

(Se fosse possibile, "piangere con un solo occhio", sarebbe sicuramente meglio che piangere con due. Si vuole significare che, in una situazione andata a male, qualcosa è stata salvata e non tutto è andato perduto).



* FARISI ZITI AL'AMMUCCIUNI.

(Anticamente era questo il solo modo di fidanzarsi all'insaputa dei genitori, cioè essere fidanzati di nascosto, con la complicità di qualcuno, che favoriva incontri furtivi o scambi di missive. Si usava dire anche "essiri ziti appalurati", quando il fidanzamento era tenuto nascosto a tutti, ma non ai familiari più intimi, che naturalmente, dovevano essere consenzienti. Solo al momento della ufficializzazione, le mamme dei rispettivi fidanzati, portavano la bella notizia a parenti, amici e vicini di casa).



* DARI COFFA.

(Dire di no ad una richiesta. Nella tradizione popolare riberese il detto trova riscontro esclusivamente in campo sentimentale, allorquando una ragazza invitata a ballare o richiesta come fidanzata dà un netto rifiuto. Questo avveniva con una certa frequenza negli anni passati, ma oggi, considerata l'evoluzione dell'attuale società, non è raro, che, spesso, siano i maschi a dare "la coffa" alle intraprendenti ragazze).



* MUNNU HA STATU E MUNNU È.

(Il mondo và sempre alla stessa maniera. Alcune cose sono difficili da cambiare) .



* PIGLIARISI LA MANU CU TUTTU LU VRAZZU.

(Approfittare o abusare della bontà e della disponibilità di qualcuno) .



* ESSIRI MISU A LU PASSU.

(Anticamente, specie negli anni del dopoguerra tra il '40 e '50, scorazzavano per le campagne siciliane, banditi e delinquenti comuni che, nascosti in posti strategici, o passi obbligati, aggredivano e rapinavano i malcapitati passanti. In tempi più recenti il detto ha assunto il significato di una frode in commercio, quando i prezzi, vengono arbitrariamente alzati. Oggi, con tutte le tasse che ci ritroviamo, che vengono quasi "estorte", non è raro sentire qualcuno dire che "lu guvernu è misu a lu passu!").



* ARRIVARI CU LU SCIATU A LI NASCHI.

(Arrivare molto stanchi dopo una corsa o sentirsi logorati dalla fatica, dopo un duro lavoro).



* ESSIRI CHINU DI SIVU.

(Essere pieno di boria, antipatico e vanitoso. "Lu sivu" (sego) è una specie di grasso, usato dai calzolai per inumidire lo spago con il quale devono cucire il cuoio).



* SURCHIA MATTÈ, CA BRODU CI NN'È.

(È una frase tipica riberese che si rivolge a chi, raffreddato, è costretto a tirar su con il naso, per evitare spiacevoli e poco gradite fuoriuscite. Naturalmente la frase può essere rivolta a tutti e non solo a chi si chiama Matteo).



* DARI LIGNATI A LEVA PILU.

(Dare botte da orbi, o di santa ragione).



* COMU SPUNTA SI CUNTA.

(Come viene viene. Vuol dire, accettare qualsiasi risultato).



* CU PRIMA NASCI, PRIMA PASCI.

(Chi prima arriva, prima si serve. È l’opposto del detto "Cu tardu arriva, mali alloggia").



* SI SAPI UNNI SI NASCI, MA NÒ UNNI SI MORI.

(È abbastanza ovvio conoscere il luogo di nascita , ma non altrettanto quello dove si morirà. È una frase, sicuramente dell'ultimo secolo, cioè, da quando i siciliani, nei primi anni del 1900, cominciarono ad emigrare in terre lontane, e pertanto, nessuno era più sicuro di un ritorno in Patria).



* NOÈ AVIA NOVICENTU ANNI E ANCORA MITTIA GIUDIZIU.

(Nella vita non si finisce mai di imparare e di fare sempre nuove esperienze. Non si è mai saggi abbastanza).



* GIRA, FIRRIA E VOTA.

(È una espressione molto frequente che viene tirata in ballo ogni qualvolta si vuole abbreviare un discorso o sintetizzare situazioni facilmente immaginabili. Può anche voler dire, prodigarsi con ogni mezzo e fare di tutto per riuscire in qualche impresa).


[Modificato da magiadimaglia 08/12/2008 22:10]